Cittadinanza ius sanguinis e diritto al soggiorno: il TAR Piemonte estende il permesso anche a chi ha un giudizio civile in corso
Le recenti pronunce del TAR Piemonte segnano un passaggio di particolare rilievo nella disciplina del permesso di soggiorno per “attesa di cittadinanza”, tradizionalmente riconosciuto ai discendenti di cittadini italiani che avevano presentato istanza amministrativa presso un Comune italiano.
Con la sentenza n. 486/2025 e la successiva ordinanza cautelare n. 615/2025, il Tribunale amministrativo ha infatti chiarito che anche la pendenza di un procedimento giudiziario ordinario per il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis integra il presupposto per il rilascio del permesso di soggiorno, superando una lettura formalistica finora adottata da molte Questure .
Il contesto normativo e la prassi amministrativa
Il permesso di soggiorno per “attesa di cittadinanza” trova fondamento nell’art. 11 del d.P.R. 394/1999 ed è stato storicamente concesso ai soggetti che avevano avviato una procedura amministrativa di riconoscimento della cittadinanza, dimostrata dall’attestazione del Comune di residenza.
Tale impostazione ha però generato una evidente asimmetria di trattamento nei confronti di quei discendenti che, per ragioni giuridiche ben note (in particolare i casi di trasmissione per linea materna ante 1948), non possono accedere alla via amministrativa e sono costretti a promuovere un giudizio civile innanzi al Tribunale ordinario.
La sentenza n. 486/2025: il processo civile come “avvio della procedura”
Con la sentenza n. 486/2025, il TAR Piemonte afferma un principio di particolare importanza:
l’“avvio della procedura” finalizzata al riconoscimento della cittadinanza non può essere limitato alla sola procedura amministrativa, dovendo includere anche l’azione giudiziale, quando questa costituisce l’unico strumento previsto dall’ordinamento per far valere il diritto.
Il Collegio rileva come l’interpretazione restrittiva adottata dalla Questura di Torino finisca per negare tutela a un diritto soggettivo permanente e imprescrittibile, riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, e dichiara illegittimo il diniego del permesso fondato sulla mancanza di un’attestazione comunale.
L’ordinanza cautelare n. 615/2025: estensione al nucleo familiare
Ancora più significativa è la successiva ordinanza cautelare n. 615/2025, nella quale il TAR Piemonte, richiamando espressamente la sentenza n. 486/2025, estende l’effetto del principio anche ai familiari del ricorrente, inclusi i minori.
Il Tribunale afferma che la pendenza del giudizio civile di riconoscimento della cittadinanza integra il presupposto per il rilascio del permesso di soggiorno non solo al ricorrente principale, ma all’intero nucleo familiare, con conseguente sospensione del provvedimento di diniego e ordine di riesame alla Questura.
Si tratta di un passaggio di assoluto rilievo pratico, perché consente di garantire la stabilità del soggiorno familiare in Italia per tutta la durata – spesso pluriennale – del giudizio civile di cittadinanza.
Implicazioni pratiche e prospettive
Le pronunce in commento delineano un orientamento giurisprudenziale destinato ad avere effetti sistemici:
- il permesso di soggiorno per “attesa di cittadinanza” non è più riservato ai soli procedimenti amministrativi;
- la pendenza di un giudizio civile di riconoscimento iure sanguinis è titolo sufficiente;
- il beneficio si estende anche ai familiari, in coerenza con i principi di unità familiare e tutela del minore;
- le Questure sono chiamate a rivedere prassi consolidate, spesso fondate su circolari e interpretazioni ormai superate.
In un contesto normativo sempre più complesso e in evoluzione, queste decisioni rappresentano un importante strumento di tutela per i discendenti di cittadini italiani, riaffermando che il diritto alla cittadinanza – quando seriamente azionato in giudizio – non può essere svuotato dei suoi effetti concreti sul piano del soggiorno e della vita familiare.
