Decreto 36/2025 e Legge di Conversione: Analisi, Criticità e Prospettive di Incostituzionalità

1. Introduzione

La recente approvazione della legge di conversione del Decreto-Legge 36/2025 ha introdotto modifiche sostanziali alla disciplina del riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza. Il testo convertito ha generato reazioni contrastanti per le sue implicazioni giuridiche, soprattutto per l’effetto retroattivo che nega il riconoscimento della cittadinanza a soggetti già nati e per la discriminazione tra discendenti materni e paterni.


2. Criticità Giuridiche: Violazione dei Principi Costituzionali

2.1 Violazione del Principio di Eguaglianza (Art. 3 Cost.)

Il decreto introduce una disparità di trattamento tra discendenti materni e paterni, negando la cittadinanza ai discendenti materni nati prima del 1° gennaio 1948, data di entrata in vigore della Costituzione.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito, con le sentenze nn. 4466/2009 e 4467/2009, che la cittadinanza iure sanguinis ha natura dichiarativa e non costitutiva. Pertanto, il diritto si perfeziona al momento della nascita e non può essere retroattivamente negato in base a criteri arbitrari come la linea di discendenza .

Inoltre, l’art. 3 della Costituzione sancisce il divieto di discriminazione basata sul sesso o sulla nascita. La norma in esame, limitando il riconoscimento della cittadinanza ai discendenti in linea materna a partire dal 1948, introduce una discriminazione irragionevole tra figli di padre cittadino e figli di madre cittadina, in chiara violazione del principio di uguaglianza .


2.2 Violazione del Principio di Non Retroattività (Art. 25 Cost.)

Il decreto impone un termine perentorio al 27 marzo 2025 per la presentazione della domanda di riconoscimento della cittadinanza, negando il diritto a chi non abbia completato la procedura entro tale data.

Tale disposizione ha un evidente carattere retroattivo, poiché incide negativamente su situazioni giuridiche già consolidate. La Corte Costituzionale ha ribadito che ogni limitazione retroattiva di diritti soggettivi deve essere sottoposta a uno scrutinio di ragionevolezza e proporzionalità (sent. n. 4/2024) .

La giurisprudenza della Corte EDU ha altresì stabilito che le norme limitative retroattive, che privano della cittadinanza in assenza di una condotta colpevole, sono contrarie agli artt. 6 e 8 CEDU (Genovese c. Malta, 2011) .


2.3 Violazione del Diritto alla Cittadinanza come Diritto Soggettivo Perfetto

La cittadinanza iure sanguinis è un diritto soggettivo perfetto che non può essere compresso da requisiti amministrativi arbitrari.

La Corte di Cassazione ha più volte affermato che il diritto alla cittadinanza iure sanguinis si perfeziona al momento della nascita e non può essere subordinato a condizioni temporali o procedurali (SS.UU. n. 4466/2009; 4467/2009). Il decreto, invece, subordina il riconoscimento della cittadinanza al rispetto di una procedura amministrativa che molti discendenti non sono stati in grado di completare a causa di disfunzioni del sistema Prenot@mi .


3. Esclusione dei Discendenti Materni Ante 1948: Violazione del Principio di Parità di Genere

La restrizione del riconoscimento della cittadinanza in linea materna ai nati dopo il 1° gennaio 1948 contrasta con il principio di parità di genere, garantito dall’art. 3 della Costituzione e dall’art. 14 CEDU.

La giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione ha chiarito che la cittadinanza iure sanguinis, essendo originaria e non costitutiva, deve essere riconosciuta indipendentemente dal sesso del genitore trasmittente .

Il principio di parità di trattamento è stato sancito anche dalla Convenzione ONU per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne del 1979 (CEDAW), che vincola l’Italia a non introdurre discriminazioni basate sul sesso nella trasmissione della cittadinanza.


4. Prognosi di Incostituzionalità e Tempistiche

Alla luce delle violazioni sopra delineate, appare fondata la prospettiva di un rinvio alla Corte Costituzionale per accertare la legittimità del decreto nei seguenti termini:

  1. Violazione degli artt. 3 e 29 Cost. per disparità di trattamento tra discendenti materni e paterni e per la compromissione del diritto all’unità familiare.
  2. Violazione degli artt. 11 Preleggi e 25 Cost. per l’imposizione retroattiva di un termine perentorio che nega diritti già acquisiti.
  3. Violazione dell’art. 97 Cost. per il mancato rispetto del principio di affidamento legittimo e buona fede nei rapporti con la pubblica amministrazione.
  4. Violazione degli artt. 6 e 8 CEDU per la compressione di un diritto fondamentale senza un interesse pubblico prevalente.

Quanto ai tempi, la Corte Costituzionale potrebbe essere investita della questione entro 6-12 mesi dall’instaurazione dei primi procedimenti giudiziari, con una possibile pronuncia definitiva entro 18-24 mesi.


Conclusioni e Raccomandazioni

Il decreto 36/2025 e la relativa legge di conversione, introducendo limitazioni arbitrarie e retroattive al riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis, sollevano rilevanti profili di incostituzionalità.

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