LA REVISIONE DEI PREZZI SI APPLICA IN CASO DI PROROGA DEL CONTRATTO, MA NON CON LA RINEGOZIAZIONE DEL MEDESIMO NEGOZIO.

Il settore degli appalti pubblici è stato, ed è tuttora, contraddistinto dall’aumento dei prezzi che riguardano i materiali, anche innovativi, necessari per la realizzazione delle opere e dei lavori concernenti la realizzazione, tra l’altro, di importanti infrastrutture strategiche. 

Il Consiglio di Stato, Sez. III, 12 giugno 2025, n. 5089 è intervenuto sulla tematica, soffermandosi su un caso concreto, verificatosi sotto la vigenza dell’abrogato decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) soppresso, come detto, dall’articolo 217 (Abrogazioni) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici).

Nello specifico l’articolo 115 (Adeguamenti dei prezzi) del suddetto d.lgs. n. 163/2006 configura un procedimento finalizzato al compimento di un’attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale.

Tale istituto è diretto essenzialmente a tutelare l’interesse pubblico dell’amministrazione ma anche la posizione del soggetto privato. Infatti, la norma è tesa a far sì che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte, con il tempo, al rischio di una diminuzione qualitativa. Tutto questo, come sopra rammentato, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle attività che l’operatore economico non sarebbe più in grado di compiere. Contestualmente, il medesimo contratto di durata andrebbe incontro ad aumenti incontrollabili delle spese, determinando, di conseguenza, un evidente impatto negativo dal punto di vista finanziario.

Con la sentenza in rassegna, il Collegio ha chiarito, in primis, che, ai fini della descritta revisione dei prezzi, l’esecuzione del contratto deve essere considerata valida dal momento in cui viene stipulato il negozio giuridico e non dalla fase dell’aggiudicazione.

Il Collegio ha, altresì, escluso la doverosità di un contraddittorio procedimentale in relazione alla verifica concernente la sussistenza dei presupposti per procedere alla menzionata revisione dei prezzi.

A tal proposito, la Sezione ha valorizzato il dato normativo di riferimento, il suddetto art. 115 del d.lgs. 163/06, in base al quale tale modifica è compiuta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi. Tale istruttoria viene condotta, come sopra detto, senza che l’operatore economico coinvolto possa accedere ad una fase di confronto con la stazione appaltante.

Pertanto, il Collegio ha concluso nel senso dell’insussistenza di un obbligo di attivazione del citato confronto in relazione alla sussistenza dei presupposti finalizzati all’erogazione del compenso revisionale.

In proseguo la Sezione si è soffermata su un ulteriore, ma non meno rilevante, tema.

Nello specifico i giudici si sono concentrati sulla natura giuridica delle manifestazioni di consenso alla prosecuzione della fornitura effettuate nel caso de quo.

In particolare, i magistrati hanno affermato che tali manifestazioni non costituiscono meri atti di proroga del rapporto alle medesime condizioni, ma vere e proprie rinegoziazioni, concernenti il rinnovo dello stesso rapporto a diverse condizioni. Quindi, il prezzo risulta essere un aliquid novi rispetto al precedente assetto negoziale esistente tra le parti.

Sul punto la Sezione, nel richiamare il proprio consolidato orientamento, ha fornito i seguenti chiarimenti: “nel caso in cui l’appaltatore abbia espresso la propria volontà di rinnovare il rapporto contrattuale è in re ipsa che lo stesso accetti la nuova determinazione del prezzo. In tal modo quest’ultimo non avrà diritto alla sua revisione, che spetterà, al contrario, nel caso in cui si sia concordato il mero slittamento temporale del termine del servizio. Di conseguenza, la revisione dei prezzi dei contratti si applica solo alle proroghe contrattuali, come tali previste ab origine negli atti di gara ed oggetto di consenso “a monte”. Al contrario, la modifica non si applica anche agli atti successivi al contratto originario con cui, mediante specifiche manifestazioni di volontà, è stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario per quanto concerne la remunerazione del servizio, senza che sia stata avanzata alcuna proposta di modifica del corrispettivo”.[1]

Pertanto- puntualizza il Collegio- il criterio distintivo tra proroga e rinnovo va individuato, dunque, nell’elemento della novità.

Precisamente, ricorre un’ipotesi di proroga solo allorquando vi sia integrale conferma delle precedenti condizioni, con il solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, disciplinato dall’atto originario.

Invece, anche la sola modifica del prezzo comporta un’ipotesi di rinnovo, nella quale non ha luogo la stessa revisione del prezzo.

In conclusione, il Supremo Organo di Giustizia amministrativa ha rilevato che se cambia la fonte del rapporto e sussiste una nuova negoziazione, l’appaltatore non potrà pretendere l’adeguamento dei prezzi, anche se la prestazione prosegue nei termini precedenti.

Avv. Giuseppe Pinelli.

Avv. Marco Natoli.


[1] Cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 22 gennaio 2016, n. 209: Consiglio di Stato, Sez. III, 18 dicembre 2015, n. 5779; Consiglio di Stato, Sez. V, 25 novembre 2015, n. 5356; Consiglio di Stato, Sez. III, 11 luglio 2014, n. 3585.

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