L’OFFERTA ECONOMICA DEL RAGGRUPPAMENTO.

LCome più volte affermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza il raggiungimento del risultato, di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici, integrato e modificato dal decreto legislativo 31 dicembre 2024, n. 209) , per soggetto pubblico e privato, può essere garantito solo con un’azione, di entrambi gli intervenienti alla gara, caratterizzata da un clima di reciproca fiducia (art.2 del d.lgs. 36/2023).

In tal modo tale Codice ha definitivamente introdotto nel sistema la funzione sostanzialista che deve contraddistinguere il compimento di tutti gli atti della selezione. Pertanto, è stato superato il rigido formalismo che, fino all’entrata in vigore del richiamato d.lgs. 36/2023, aveva caratterizzato l’azione della parte pubblica e che, di conseguenza, aveva causato palesi danni nei confronti del privato..

A tal proposito si cita Consiglio di Stato, sez. V, 05.06.2025 n. 4877.

L’intervento del Supremo Organo di giustizia amministrativa è fondamentale in quanto i giudici, pur sottolineando l’importanza del ricorso agli strumenti digitali nel settore dei contratti pubblici, affermano anche la rilevanza della sottoscrizione analogica. Infatti, il ricorso a tale tradizionale mezzo, in alternativa a quello informatico, al fine di accertare l’autenticità di determinati documenti, non può causare l’esclusione dell’operatore economico dalla selezione pubblica.

Nello specifico la Sezione puntualizza che la giurisprudenza citata dall’appellante per sostenere la propria tesi, circa l’essenzialità della sottoscrizione digitale, riguarda, piuttosto, casi in cui gli operatori economici difettavano totalmente del requisito della sottoscrizione, sia digitale che autografa.

Pertanto, i magistrati precisano che il ricorso alla firma analogica per la sottoscrizione della suddetta documentazione, sebbene non espressamente prevista dalla legge di gara, comunque va considerata equipollente alla firma digitale, ai sensi dell’art. 65 (Istanze e dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica). del codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82). Tale norma primaria, sempre a parere del Collegio, ben può efficacemente etero integrare – senza disapplicazione alcuna – la disposizione secondaria richiamata dal disciplinare di gara.

Peraltro, i magistrati ricordano che l’istituto dell’eterointegrazione ha come necessario presupposto la sussistenza di una “lacuna” nel bando. Inoltre, solo nel caso in cui la stazione appaltante ometta di inserire nella legge elementi previsti come obbligatori dall’ordinamento giuridico, soccorre il meccanismo di integrazione automatica. Tutto questo analogamente a quanto avviene nel codice civile, ai sensi degli artt. 1374 (Integrazione del contratto) e 1339 (Inserzione automatica di clausole), colmandosi in via suppletiva le eventuali lacune del provvedimento adottato dalla pubblica amministrazione.[1] Peraltro i giudici ricordano che, di regola, le condizioni di partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici devono essere tutte indicate nel bando di gara, la cui eterointegrazione con obblighi imposti da norme di legge deve ritenersi ammessa in casi eccezionali (Cons. Stato, V, 28 ottobre 2016, n. 4553). Ciò a maggior ragione, considerando che, nel caso in esame, si tratterebbe di una esclusione dalla competizione per una lacuna formale indotta dalla stessa Amministrazione nella predisposizione degli atti della selezione, con conseguente restringimento della concorrenza[2].

Quindi, il Consiglio di Stato deduce che le indicate forme di sottoscrizione (digitale e analogica) non solo sono alternativamente valide o comunque pienamente equipollenti ma anche obbligatoriamente acquisibili dalla PA. Infatti, l’amministrazione è tenuta ad accettare, da parte dei privati, istanze firmate in formato digitale ma anche analogico (sottoscrizione e copia del documento scansionati).

A tal proposito la Sezione ricorda che neppure l’articolo 19 (Principi e diritti digitali) del suddetto d.lgs.36 del 2023 risulta avere apportato deroghe particolari al sistema sopra descritto circa le modalità di sottoscrizione delle istanze rivolte alla PA.

Di conseguenza, trattasi di “elementi obbligatori per l’ordinamento” (accettazione in via alternativa di firma digitale oppure analogica) come tali idonei ad eterointegrare la legge di gara nelle ipotesi in cui, proprio come nel caso in argomento, sia unicamente prevista la firma digitale.

In proseguo il Collegio sofferma l’attenzione sull’ulteriore, ma non meno importante, questione della tutela della concorrenza. Infatti, la Sezione rileva che il rispetto di tale principio consiste nell’autorizzare altre modalità di partecipazione in grado di garantire la “massima concorrenza”, ossia la più ampia presenza degli interessati. Ossia, di taluni operatori economici che, seppur non ancora dotati di strumentazioni di carattere informatico (firma digitale), sono comunque in grado di portare a termine commesse pubbliche di un certo rilievo. Ciò, in termini di positivo rapporto tra qualità e prezzo e con notevoli e innegabili vantaggi per la collettività nel suo complesso.

Ma non solo.

Il Collegio rammenta che quanto detto coincide con il sopra indicato principio del risultato, in quanto diretto ad assicurare il miglior equilibrio possibile tra principio di concorrenza, funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti, e principio di legalità, di cui al comma 1 della stessa disposizione codicistica.

Pertanto, i magistrati deducono che una simile soluzione (sostanziale equipollenza tra modalità digitale e modalità analogica) si rivela altresì corrispondente al principio del raggiungimento dello scopo (nel caso di specie: riconducibilità e imputabilità dell’offerta economica al raggruppamento partecipante) e della strumentalità delle forme di cui agli articoli 156 (Rilevanza della nullità), commi 2 e 3 c.p.c. e 21-octies (Annullabilità del provvedimento), comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241
(Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). Tutto questo, anche in considerazione del fatto che il processo di digitalizzazione deve essere un mezzo per accelerare e non restringere la partecipazione alle gare mediante la costruzione di “percorsi ad ostacoli”. Infatti, tali limitazioni rischierebbero di comprimere fondamentali principi proprio di massima concorrenza. Quest’ultimi, funzionali ad ampliare il più possibile la platea degli aspiranti e, dunque, a garantire il miglior rapporto raggiungibile tra prezzo e qualità della prestazione resa.

In conclusione, il Consiglio di Stato afferma che deve essere dato seguito, in questa stessa direzione, a quel condivisibile indirizzo della sezione secondo cui eventuali difformità di carattere formale dalle previsioni della legge di gara possono essere superate. “In considerazione del superiore interesse dell’amministrazione a non escludere un concorrente che è identificabile con assoluta certezza sulla base di altri elementi acquisiti aliunde, nell’ambito della documentazione prodotta” (Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2025, n. 1620).

Avv. Giuseppe Pinelli.

Avv. Marco Natoli.


[1] Cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 4903; Cons. Stato, sez. III, 18 ottobre 2023, n. 9078; Cons. Stato, sez. III, 14 dicembre 2022, n. 10935.

[2] Cons. Stato, sez. V, 27 luglio 2017, n. 3699; Cons. Stato, sez. V, 28 ottobre 2016, n. 4553.A FIRMA ANALOGICA È EQUIPOLLENTE ALLA FIRMA DIGITALE.

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