L’immediata esecutività delle decisioni che accertano la cittadinanza italiana iure sanguinis
Secondo una recente pronuncia del Tribunale di Savona, più precisamente il decreto emesso in data 14 giugno 2024 all’interno del procedimento avente R.G. n. 1231/2024, sembrerebbe che le decisioni di accertamento dello status di cittadino italiano iure sanguinis, con le quali viene ordinato all’amministrazione di adempiere alle iscrizioni ed annotazione nei registri di Stato Civile dei dati dei neo dichiarati cittadini italiani, siano provvisoriamente esecutive e costituiscano, pertanto, titolo per la trascrizione, anche nell’ipotesi in cui le stesse vengano impugnate e quindi in assenza della loro definitività.
Detta pronuncia potrebbe apportare notevoli cambiamenti nella gestione di tutte le cause incardinate per il riconoscimento della cittadinanza, segnando di fatto una svolta positiva nelle tempistiche necessarie per l’ottenimento dei certificati trascritti dei richiedenti, propedeutiche alla richiesta d’inserimento nel registro A.I.R.E.
La decisione si basa su un’interpretazione combinata degli artt. 702 ter c.p.c. e 282 c.p.c., secondo la quale l’ordinanza resa all’esito dei procedimenti ex. art. 702 bis c.p.c. è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per la trascrizione.
Di fatti, le decisioni volte ad accertare il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis non si limitano a dichiarare l’esistenza di uno status esistente fin dalla nascita, ma sottendono una natura condannatoria, in quanto contengono l’ordine, rivolto al Ministero dell’Interno, e per esso all’ufficiale di stato civile, ad un facere dell’amministrazione.
La decisione viene resa successivamente all’ottenimento, da parte di alcuni discendenti uruguagi di un cittadino italiano emigrato in Sud America alla fine del 1800, del riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis.
Successivamente l’ordinanza veniva appellata dall’Avvocatura dello Stato, la quale, però, non si premurava di richiedere, tra le varie, la sospensione dell’esecutività della decisione di primo grado.
Pertanto, come disposto dall’ordinanza di accoglimento, comprendente la condanna dell’amministrazione statale a porre in essere le attività propedeutiche per il possesso dello status di cittadino, veniva richiesta all’Ufficiale di Stato Civile del comune competente la trascrizione degli atti di nascita dei richiedenti nei registri di stato civile italiani.
L’adempimento di tale ordine veniva disatteso dall’Ufficiale di Stato Civile, il quale lamentava il fatto che la decisione non fosse corredata del proprio certificato di passaggio in giudicato e che non se ne potesse pertanto accertare la definitività.
Un accertamento, quello richiesto, che non poteva essere effettuato dal momento che la decisione, a seguito dell’instaurazione del gravame, non avrebbe potuto essere confermata, o riformata, per un lasso di tempo che di per sé risulta inquantificabile ma certamente non breve.
A seguito di predetto inadempimento, gli interessati promuovevano ricorso avverso la decisione dell’ufficiale ai sensi dell’art. 95 D.P.R. n. 396/2000 innanzi al Tribunale di Savona, il quale, come anticipato, stabiliva l’illegittimità della suddetta decisione con conseguente condanna dell’Ufficiale di Stato Civile a procedere con il facere ordinato dal Tribunale di Genova, indipendentemente dalla sua definitività.
Il rifiuto dell’Ufficiale di Stato Civile ad adempiere all’ordine giudiziale emesso dal Tribunale di Genova in attesa della definitività della decisione prima di poter procedere all’iter burocratico si basava sull’assunto secondo cui: “l’Ufficiale di Stato Civile non può seguire le indicazioni del Tribunale di Genova, ma deve seguire, invece, le istruzioni impartite dal Ministero dell’interno”.
L’approccio adottato dal Tribunale di Savona, invece, risulta di più semplice adesione in quanto basato sul dettato normativo sopracitato.
Si specifica, infatti, che non è stata posta alcuna norma a fondamento del rifiuto e non se ne ravvede una che stabilisca che le decisioni in questione non potessero essere eseguite senza la loro previa definitività.
I provvedimenti che accertano lo status di cittadino italiano iure sanguinis ed ordinano il conseguente facere amministrativo sono quindi provvisoriamente esecutive e costituiscono titolo per la trascrizione.
La decisione, quindi, chiarifica la distinzione tra sistema istituzionale e ordinamentale italiano, portando alla luce un dato che non può essere ignorato, ovvero che le indicazioni ministeriali, non possedendo valore normativo erga omnes, non possono contrastare un dato normativo opposto e a maggior ragione neanche un ordine giudiziario chiaramente in contrasto.
I richiedenti hanno quindi potuto esercitare il loro diritto legato allo status di cittadini italiani, senza dover attende l’esito di un giudizio di impugnazione il cui esito non è pronosticabile.
L’attesa, d’altronde, avrebbe rappresentato un ingiustificato pregiudizio in capo ai richiedenti, obbligati a dover attendere un futuro tutt’altro che certo.