CONSIGLIO DI STATO, SENTENZA SEZ. III, N. 8072, DEL 19 SETTEMBRE 2022 , IN MATERIA DI FINANZA DI PROGETTO.
La sentenza in argomento assume un peculiare rilievo, in primis nei rapporti che intercorrono tra soggetto pubblico e parte privata. Nello specifico la pronuncia ha stabilito che, nella fase pre-procedimentale che caratterizza l’istituto de quo, l’operatore economico non è titolare di una qualificata situazione giuridica soggettiva, ma lo stesso può rivendicare una mera aspettativa di fatto. Come è noto nel diritto amministrativo il dialogo tra p.a. ed operatore economico è fondamentale al fine del raggiungimento, da parte di entrambi, del soddisfacimento delle proprie aspettative.
Nel concreto la suddetta p.a. intende tutelare gli interessi pubblici, primari e secondari, mentre la parte privata ha l’obiettivo di conseguire il bene della vita. Quanto sopra risulta ancora più rilevante nel settore degli appalti pubblici, nell’ambito dei quali la cooperazione tra gli interessati assume un ruolo sempre più intenso ed incisivo. Sicuramente, nel confronto che si instaura tra gli intervenienti, riveste un ruolo essenziale il comportamento in buona fede che deve essere tenuto, anche dagli stessi cives, in tutte le fasi della procedura di gara.
Come sopra ricordato la sopra indicata pronuncia esamina la materia della finanza di progetto, istituto rientrante nell’ambito del più ampio partenariato pubblico-privato. Quest’ultimo, peraltro, risulta essere al centro delle riforme previste dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dall’imminente modifica del codice dei contratti pubblici.
In particolare il Collegio analizza i profili, civilistici e amministrativi, che, nell’intersecarsi tra di loro, interessano le varie fasi della competizione. Nello specifico il Consiglio di Stato rigetta proprio la visione eccessivamente “civilistica” della selezione, in quanto il carattere “pre-procedimentale” degli atti oggetto di impugnazione non determinerebbe vantaggi o lesioni nei confronti del soggetto privato. Al contrario- rimarcano i giudici- l’operatore economico si troverebbe, come rammentato, in una situazione di mera aspettativa di fatto. Peraltro il supremo Consesso, nel richiamare puntuali interventi giurisprudenziali, afferma che la suddetta fase pre-procedimentale sia caratterizzata da alta discrezionalità.
Di conseguenza la parte privata- precisa il Collegio- non può vantare particolari diritti nei confronti della stazione appaltante. Inoltre la stessa parte si trova in una situazione, come detto, di aspettativa di fatto; di conseguenza quest’ultima dovrà assumersi il rischio che la propria proposta sia rigettata dalla stazione appaltante.
In realtà l’amministrazione, proprio in ragione della possibilità di compiere valutazioni relative al merito, può, come estrema ipotesi, rinviare o addirittura rigettare il progetto, alla luce del superiore interesse pubblico.
Tale passaggio della sentenza risulta di particolare rilievo. Infatti se è vero che la citata stazione appaltante è in possesso di ampi poteri discrezionali, la stessa, non compiendo proprio un’attenta valutazione degli interessi, pubblici e privati, coinvolti, potrebbe, nel rigettare il piano dell’interessato, causare danni, anche rilevanti, verso l’operatore economico. Tutto questo anche in considerazione di un potenziale rallentamento nella realizzazione o nel completamento delle opere pubbliche, pure strategiche, in violazione, necessariamente, degli obiettivi definiti nel sopra indicato PNRR.
Inoltre l’operatore economico, alla luce della predetta condizione di fatto, non potrebbe invocare un’eventuale responsabilità contrattuale della stazione appaltante, non avendo quest’ultima violato i principi di buona fede. Infine i magistrati rilevano che l’amministrazione, proprio nella fase prodromica innanzi esaminata, è titolare del potere di revoca, come previsto dall’articolo 21-quinquies della legge 241 del 1990. Tuttavia la p.a. può esercitare il suddetto potere nei confronti dei propri precedenti provvedimenti solo in determinate circostanze: per sopravvenuti motivi di pubblico interesse oppure nel caso di mutamento della situazione di fatto o di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. Quanto sopra sempre, beninteso, prima che si siano definitivamente consolidate le posizioni delle parti.
Di seguito la massima della pronuncia.
-Il primo giudice ha respinto la doglianza – con motivazione che il collegio ritiene di poter
condividere – perché, le delibere gravate, nel rivestire tutte natura preparatoria della successiva
indizione della gara per l’affidamento in concessione dell’opera (art. 183, comma 15, d.lgs. n. 50
del 2016), non potrebbero far insorgere alcun obbligo per la p.a. di dare corso alla procedura di
affidamento in projet financing, malgrado la intervenuta dichiarazione i p.i. della proposta
presentata da un privato, trattandosi di atti come detto meramente preparatori.
-Di qui l’inammissibilità stigmatizzata dal primo giudice, prima ancor che l’infondatezza della
censura in esame, che indugia in una lettura eccessivamente civilistica della procedura de qua,
tanto più che il predetto carattere pre-procedimentale degli atti gravati non sarebbe idoneo a
determinare né vantaggi, né lesioni; insorgendo in capo al privato una mera aspettativa di fatto.
-E del resto, va qui aggiunto, che la giurisprudenza in materia di progetto di finanza (ad
iniziativa privata), in base alla normativa di settore (art.183, co.15, d.lgs. n.50/2016), ritiene
che la prima fase sia “pre-procedimentale”, funzionale alla fattibilità di una data opera ed
incentrata sull’interesse pubblico in relazione a tale opera – fase dunque ad elevata discrezionalità non sindacabile nel merito, a fronte della quale il privato promotore vanta mere aspettative di fatto, accollandosi il rischio che la proposta non vada a buon fine.
-È stato ancora affermato (da Cons. Stato, sez. V, 23 giugno 2020, n. 4015) che:…”quand’anche fosse stato non solo individuato il promotore ma anche, ritenuto di pubblico interesse, il progetto dallo stesso presentato, l’Amministrazione pubblica …non sarebbe comunque vincolata a dare corso alla procedura di gara, essendo libera di scegliere, attraverso valutazioni attinenti al merito e non sindacabili in sede giurisdizionale se, per la tutela dell’interesse pubblico, sia più opportuno affidare il progetto per la sua esecuzione ovvero rinviare la sua realizzazione, ovvero non procedere affatto” (cfr.Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 820).
-Il ricorso all’atto tutorio da parte della Amministrazione pubblica è, dunque, conforme alle prescrizioni normative come interpretate dalla suestesa giurisprudenza amministrativa.
-Ne consegue che alcun ragionevole affidamento può ritenersi ingenerato in capo ai proponenti,
dovendosi ritenere che, dalla proposta formulata illo tempore, non possa che originare favore del
proponente un’unica mera aspettativa, inidonea a dar luogo, come adombrato da parte appellante, ad una responsabilità contrattuale, in assenza di un comportamento dell’amministrazione contrario ai principi di buona fede intesa in senso oggettivo. In tema di project financing, il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire (sentenza 13 marzo 2017, n. 1139), che:
“la dichiarazione di pubblico interesse” della proposta… non obbliga affatto l’amministrazione né ad approvare il progetto né ad indire la gara per l’affidamento della relativa concessione che, anche una volta dichiarata di pubblico interesse una proposta di realizzazione di lavori pubblici ed individuato il promotore privato, l’Amministrazione non è tenuta a dare corso alla procedura di gara per l’affidamento della relativa concessione e la valutazione amministrativa della perdurante attualità dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera continua ad essere immanente ed insindacabile nel merito.
Avv. Giuseppe Pinelli.
Avv. Marco Natoli.