ANCHE SE IL COMUNE PARTECIPA IN MANIERA INFINITESIMALE NELLA SOCIETA’ IN HOUSE L’AFFIDAMENTO DIRETTO DEL SERVIZIO E’LEGITTIMO.
Questo, in sintesi, quanto riportato dalla recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 22.10. 2021, n.7093.
La pronuncia citata riveste particolare importanza in considerazione della prossima riforma sui contratti pubblici.
A tal proposito si rammenta che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede incisivi interventi tra cui assume
notevole rilievo proprio il settore degli appalti pubblici. Infatti ultimamente l’Esecutivo è intervenuto approvando un
disegno di legge sulla materia (Atto Senato n. 2330 “Delega in materia di contratti pubblici”), proprio con lo scopo di dar corso a quanto determinato dal sopra indicato Piano. Al riguardo risulta utile rammentare che il settore in esame è
caratterizzato dalla presenza di due modelli procedurali.
Secondo un primo schema le aggiudicazioni da parte delle amministrazioni agli operatori economici qualificati sono effettuate
con il ricorso alla legge del mercato, nel rispetto del principio della tutela della concorrenza; secondo altro criterio l’assegnazione degli adempimenti è eseguita a favore di organismi interni dell’amministrazione.
Indubbiamente la materia in argomento è stata esaminata in modo dettagliato da giurisprudenza e dottrina. Come ricordato, in alcuni casi, è stato ritenuto legittimo il ricorso alla selezione concorsuale; in altre occasioni le medesime p.a. si sono servite delle loro articolazioni interne. Tale ultima scelta è stata motivata in un’ottica
di risparmio economico, sia dal punto di vista dei tempi di affidamento della prestazione, sia alla luce della facile individuazione dei requisiti necessari per il medesimo affidamento. Pertanto, in tale contesto, rivestono importanza i principi evidenziati dal Consiglio di Stato. Nel caso concreto i giudici esaminano i rapporti intercorrenti, nella materia del servizio di gestione ambientale, tra l’ente locale interessato e la società in house affidataria del medesimo servizio. Nello specifico il supremo Consesso sottolinea il fievole legame esistente tra i due soggetti in quanto la presenza del comune nell’articolazione interna è definita espressamente dai giudici come “partecipazione pulviscolare”. In particolare risulta utile menzionare la definizione che l’enciclopedia Treccani fornisce relativamente al concetto di pulviscolo, inteso come “l’insieme di sottilissime particelle che si trovano stabilmente in sospensione nell’atmosfera o che vengono a formarsi occasionalmente in determinati luoghi”.
L’attenzione dei magistrati si concentra proprio sulla descrizione delle sottilissime particelle. Infatti, a parere del Collegio, il comune è presente nella società in modo estremamente infinitesimale, quasi impercettibile, come se tale ente possa in qualsiasi momento staccare il proprio cordone ombelicale con l’istituzione locale. Peraltro, nel caso in questione, i componenti della società, proprio in quanto legati all’amministrazione madre da un sottilissimo filo,
potrebbero non rispettare quanto stabilito, causando necessariamente il mancato raggiungimento del primario interesse
pubblico. Per far fronte a tale potenziale inconveniente la Sezione individua la funzione svolta dall’istituto civilistico dei patti parasociali .
Tale strumento è in grado di permettere ai soci pubblici il compimento del controllo analogo congiunto sulle decisioni più importanti che la stessa società deve assumere. In definitiva il ricordato carattere pulviscolare che contraddistingue
la partecipazione dell’ente locale nell’organismo in house non è in grado di incidere in modo negativo sulla stessa configurazione di tale articolazione. I giudici, nel ricordare i consolidati principi sull’in house, concludono in tal senso: l’investitura dell’ufficio interno potrà essere considerata legittima solo nel caso in cui tale ente sia legato
all’amministrazione da una relazione interorganica e non intersoggettiva escludendo, in sostanza, la terzietà della stessa
società.
Si riportano, in calce, i principi affermati dalla pronuncia.
-L’affidamento diretto ad una società in house è consentito, in particolare, a condizione che la società non sia terza rispetto
all’ente affidante ma una sua articolazione. Tra socio pubblico controllante e società v’è, infatti, una relazione interorganica e
non intersoggettiva. E’ necessario che tale relazione intercorra tra soci affidanti e società, non anche tra la società e altri suoi
soci (non affidanti o non ancora affidanti), rispetto ai quali la società sarebbe effettivamente terza (Corte di Giustizia
dell’Unione europea, sentenza 6 febbraio 2020 cause C-89/19 e C-91/19).
1 Sulla funzione dei patti parasociali in relazione al controllo sull’attività della società in house cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 15 dicembre 2020, n. 8028.
- La Sezione non ignora che Consiglio di Stato ha sottolineato come una partecipazione “pulviscolare” sia in principio inidonea a consentire ai singoli soggetti pubblici partecipanti di incidere effettivamente sulle decisioni strategiche della società, cioè di realizzare una reale interferenza sul conseguimento del c.d. fine pubblico di impresa in presenza di interessi potenzialmente contrastanti.
- Tuttavia, lo stesso Consiglio ha. al contempo, chiarito che i soci pubblici ben possono sopperire a detta debolezza stipulando patti parasociali al fine di realizzare un coordinamento tra loro, in modo da assicurare il “loro controllo sulle decisioni più rilevanti riguardanti la vita e l’attività della società partecipata” (cfr Cons. St., sez. V, 23 gennaio 2019, n. 578).